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Didattica temporali

I temporali parte seconda: tipologie di temporali in base alla struttura

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fig._3_fasi_multicellaIn questa seconda parte vedremo cos’è un temporale a cella singola e un temporale a multicella. Come nella prima parte di questo capitolo didattico, alcuni termini fondamentali utilizzati in questa seconda parte sono evidenziati con un asterisco per permetterne, se ne avrete bisogno, una rapida ricerca d’informazioni su google, così da snellire i contenuti di questa sezione didattica e rendere più immediata e piacevole la lettura del testo.

Premesso che tratterò l’argomento commisurando tali eventi al nostro territorio nazionale, partiamo da un necessario concetto: una cella temporalesca è una sistema nuvoloso organizzato, al suo interno, secondo movimenti convettivi estremamente potenti e rilevanti (updrafts* e downdrafts* molto intensi) e tali da generare una fase culminante ma pur sempre progressiva, detta “esplosiva”, nella quale le precipitazioni possono manifestarsi sottoforma di pioggia o grandine (più raramente neve) in quantità davvero ragguardevoli .

L’intensa attività elettrica (necessario presupposto per definire un temporale come tale) accompagna tutte le fasi di sviluppo, maturità e dissolvimento del sistema, originandosi, tra l’altro, a causa dell’attrito tra masse d’aria ascendenti, discendenti  e windshear e manifestandosi a causa della differenza di potenziale che viene a crearsi tra la nube e la superficie sottostante (questa è una mia definizione ma potete sbizzarrirvi anche voi se vorrete).

Se la cella non è “isolata” le scariche elettriche possono prodursi anche da nube a nube o, se il potenziale in quota raggiunge parametri fisicamente ragionevoli, anche verso l’alto.

Anche se non è corretto al cento per cento, ritengo opportuno considerare visivamente una singola cella temporalesca come un singolo cumulonembo.

Infatti solo un’esigua percentuale di cumuli congesti potrebbero produrre la concomitanza degli eventi sopraccitati, ovvero, un cumulo congesto si suole definire di tipo temporalesco quando assume tutte le caratteristiche non morfologiche (altrimenti sarebbe un cumulonembo) ma fisiche del cumulonembo: forti updrafts, potenti downdrafts e quindi formazione di vento “esplosivo” di notevole intensità (downburst), pioggia (o più raramente neve), grandine, fulmini, potenziali trombe d’aria.

E’ davvero molto raro che un cumulo congesto sviluppi le sue massime potenzialità meteoriche senza che questi evolva verso uno stadio di sviluppo fisico ancor più evoluto, e cioè, senza che si evolva in un cumulonembo.

Temporali a singola cella: il cumulonimbus "incus"* è l’esempio più comune ed incontrovertibile di singola cella temporalesca.

Si chiama “incus” (incudine) perché al suo interno, la corrente ascensionale principale d’alimentazione del cumulo (updraft) è talmente potente (generalmente, alle nostre latitudini, dai  60 ai 150 Km/h!) da spingere aria calda in verticale, e condensandone il vapore acqueo in esso contenuto, fino agli strati limite della troposfera e, non raramente, alle porte della stratosfera! (oltre i 10.000 metri di altitudine).

Ecco un esempio di temporale a singola cella costituita da un unico cumulonembo e del tipo "incus" nei cieli di Mykonos (fig.1):

fig._1_temporale_a_singola_cella_cumulonimbus_incus_nei_cieli_dellisola_di_Mykonos

In questo settore dell’atmosfera, dove la temperatura raggiunge valori enormemente bassi (-30 / -60 °C a seconda delle stagioni e latitudini) la sommità della nube si raffredda ma viene tuttavia riscaldata ancora dal potente updraft e non ghiaccia subito a causa del rilascio di calore latente di condensazione (dovuto alla condensazione del vapore acqueo in goccioline di acqua per opera dello stesso updraft).

Tuttavia il poderoso calo di temperatura all’interno della nube impone alla sua sommità un’arresto della corsa verso l’alto e l’espansione “radiale” verso l’esterno. A questo punto l’incudine non collassa e non cade verso il basso in quanto, ormai lontana dall’updraft (che può intendersi come una specie di “caminetto”) si ghiaccia e, come sappiamo, siccome il ghiaccio è più leggero dell’acqua, questi rimane in sospensione. L’incudine si dissolverà, successivamente, per l’irraggiamento solare ma se l’incudine è molto consistente (ciò però accade per supercelle o strutture temporalesche simili, generalmente) ed in quota i venti sono abbastanza sostenuti, questa si distaccherà dal “corpo” del cumulonembo (in fase di dissolvimento) che l’ha creata e diverrà un tipo di nube alta che prende il nome di  “cirro falso”.

Il temporale a cella singola è molto frequente in Italia ed è perlopiù attribuibile, in relazione alla sua genesi, a cause annoverabili tra i “temporali di massa d’aria”. Può durare da un ora a due ore al massimo, a seconda della consistenza ed all’azione dinamica dell’updraft.

Differentemente i temporali “frontali”, generalmente, a causa di una “linea o fascia d’innesco” su di un fronte, sono più spesso del tipo “a multicella”.

Nella seguente immagine (fig. 2) vi propongo la visione di un incredibile e spettacolare temporale a cella singola fotografato da Capriati a Volturno (CE) in direzione ovest-nord ovest. Sullo sfondo noterete la catena montuosa delle Mainarde, al confine tra Lazio e Molise. Al confronto la mostruosa grandezza del cumulonembo è davvero impressionante! (guardate com’è evidente la torre dell’updraft):

fig.2_incredibile_cumulonembo

Temporali a multicella: differiscono dal tipo a cella singola per la presenza di una serie di correnti ascendenti pulsanti e separate che preservano in uno stato più o meno perseverante la forza e la struttura globale del sistema temporalesco. Queste pulsazioni possono essere osservate come nubi torreggianti separate come in una flanking line* di una supercella.

In quest'immagine (fig. 3) gli stadi di evoluzione di un temporale a multicella:

fig._3_fasi_multicella

Come per il temporale a singola cella, nel temporale a multicella sono presenti tre stadi evolutivi: quello di formazione e sviluppo, quello di maturità e quello di dissolvimento.

La caratteristica del temporale a multicella è che la nuova cella in formazione nasce in relazione alla cella che l'ha preceduta  e durante il suo stadio di dissolvimento. Ciascuna cella nasce dall'updraft dominante che per tutta la durata del suo stadio di maturità sarà anche la parte più attiva e vitale del temporale. Questo sistema temporalesco rimane in vita, quindi, grazie ad un processo ininterrotto (ma pur sempre temporaneo) le cui componenti sono le singole celle temporalesche che passano attraverso il proprio ciclo evolutivo. Con riferimento alla Fig. 3, gli updraft 1-2-3 all'interno del sistema sono separati e trovano alloggiamento nella parte posteriore rispetto alla direzione dello spostamento di tutta la struttura temporalesca. Il temporale a multicella può sopravvivere anche per molte ore grazie al bilancio quasi stazionario fra gli updraft ed i downdraft 4-5-6. A causa della natura pulsante di questo temporale gli effetti che si hanno al suolo possono risultare discontinui sia per durata che per intensità.

Ad ogni modo risulta evidente come, proprio a causa della sua ciclicità, il temporale a multicella possa durare più ore rispetto a quello a singola cella e non è scontato (secondo una prima teoria) dare per maggiori gli effetti provocati al suolo dal suo passaggio rispetto al temporale a singola cella.

Lo stadio evolutivo della cella attiva più avanzata può venire infatti “disturbato” negativamente dagli altri updraft (più giovani) che lo seguono, impedendo alla corrente calda ascensionale di liberarsi dell’attrito di correnti ascensionali vicine e contigue. Ne consegue, in taluni casi, un updraft meno intenso di quello che sarebbe potuto prodursi in situazioni prive di interferenze dinamiche rilevanti come nel caso di un temporale a singola cella.

Una seconda teoria, maturata dall’elaborazione di dati di casistica (la natura è sempre imprevedibile) e dall’analisi di dati fisici raccolti sul campo e studiati all’uopo, suggerirebbe invece il contrario.

Proprio come in una flanking line di una supercella temporalesca, la torre più attiva avanzante (quindi quella principale in un determinato momento) verrebbe “sovralimentata” dalla cessione di calore latente liberato dalla torre di updraft “inseguitrice”. Fenomeno ancor più accentuato anche grazie all’azione omogenea di spinta del vento alle medie ed alle alte quote e che determina lo spostamento del sistema in una certa direzione.

Ma se così non fosse, e cioè se il vento alle varie quote peccasse di una certa identicità direzionale e d’intensità, insieme ad altre specifiche e prerogative microclimatiche (come ad, esempio la presenza di un gradiente* orizzontale di vento ed il rapido inserimento in quota di aria molto fredda e secca su aria estremamente calda ed umida in movimento pressocchè opposto a quote inferiori), potrebbero esserci ottime probabilità di formazione di una supercella temporalesca, all’interno della quale l’updraft verrebbe messo in rotazione, oltre che da correnti a getto in quota (jet stream*), dal windshear* orizzontale lungo tutto l’asse verticale della corrente d’alimentazione calda ascendente della supercella stessa. (vedi mesociclone*)

E’ il preludio alla probabile formazione dei tornado che avremo modo di trattare nel prossimi articoli di questo capitolo prefazionale e didattico sui temporali.

Con la formazione di una supercella è come essere su "un altro pianeta” per quanto riguarda l’analisi del fenomeno. Per cui ne farò menzione a parte, anche per rendergli meritata giustizia scientifica e meteorologica.

Roberto Viccione

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