Didattica tornado
I TORNADO – 2° Capitolo: “genesi e formazione del tornado”
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- Categoria: Didattica tornado
- Pubblicato 30 Giugno 2011
- Scritto da Roberto Viccione
Non raramente, in una struttura mesociclonica, si possono osservare dei filari nuvolosi molto scuri (inflow bands) di varia grandezza e forma, quasi sempre collegate alla base dell’area più attiva della supercella e disposte con un’inclinazione variabile rispetto al terreno a seconda del grado di umidità presente all’interno dell’inflow e del gradiente di winshear alla sua quota.
Molto spesso le inflow bands vengono confuse con le inflow tails*, lowerings* e con le tail clouds*, che menzioneremo tra breve.
Le inflow bands sono in sostanza costituite da grossi fractocumuli (che a volte si addensano e si compattano formando un filare piuttosto omogeneo: inflow belt) ed indicano che la supercella sta raccogliendo un’enorme quantità di massa d’aria calda e secca da una zona molto vasta a causa di intense correnti di inflow nei bassi strati atmosferici originate dall'accentuata differenza barometrica tra l’area del temporale mesociclonico e le aree sopravento (nei bassi strati) circostanti. La caratteristica "inflow belt" si origina quando il flusso di inflow è talmente intenso da "sfondare" la turbolenza nello strato limite.
I fractocumuli dell'inflow band, invece, non potendo prevaricare il regime turbolento, mostrano la discontinuità ed il disordine morfologico che li caratterizza. L’inflow band sarà dunque portata in ingresso al sistema in rotazione incrementando il suo patrimonio igrometrico e ne costituirà successivamente parte strutturale potenziando ancor più l’inerzia nella rotazione dell’updraft. Parte di essa verrà così “sparata” in spirale verso l’alto dal potente updraft mentre un’altra parte di essa verrà investita dal RFD in discesa e scaraventata a terra potenziando gli effetti del gust front più o meno intenso.
Un marcato wind shear (in termini sia di velocità che direzione alle varie quote) agevolerà chiaramente il complessivo moto rotatorio del mesociclone.
Dall’alto viene impresso al sistema un possente “giro di trottola” ma nei bassi strati accade qualcosa di simile anche se teoricamente meno stimolante e, perlopiù, associabile ai tornado non mesociclonici, come vedremo a breve.
Se avrete prestato attenzione nella lettura del testo allora avrete compreso che vari ingredienti termodinamici e pressori possono generare un mesociclone. Ma non tutti i mesocicloni sono capaci di generare tornado. A questo punto, dunque, come si origina un tornado?
Una supercella temporalesca, che custodisce nella sua imponente struttura un ciclone a mesoscala, può considerarsi un piccolo sistema frontale integrale: vuol dire che al suo interno coesistono un fronte caldo e un fronte freddo (pseudofronti):
- Pseudo warm front (pseudo fronte caldo): è la linea di demarcazione tra il settore in cui l’aria affluisce nella supercella (inflow) e il FFD (Forward Flank Downdraft). Il tornado si forma tra il RFD e lo pseudo fronte caldo, settore dove affluisce quasi tutta la massa d’aria dell’inflow;
- Pseudo cold front (pseudo fronte freddo): è la linea di demarcazione tra il settore in cui l’aria affluisce nella supercella (inflow) e il RFD. E’ caratterizzato dall’avanzata dell’outflow verso il settore dell’inflow. Questa interazione di masse d’aria è concausa della formazione della flanking line ed il loro contrasto può generare tornado, chiaramente, non mesociclonici in una cornice che possiamo definire come gust front secondario.
In un mesociclone occluso la circolazione caldo-umida ai bassi livelli viene completamente avvolta dal RFD, interrompendo così l’afflusso dell’inflow, mentre lo pseudo fronte caldo viene raggiunto dallo pseudo fronte freddo che piega esternamente verso est o sud est piuttosto che verso sud o sud ovest.
Molto spesso le supercelle classiche rinnovano il loro ciclo di sviluppo rialimentandosi dopo una fase occlusiva: possono così succedersi nuovi mesocicloni in relazione a quelli estinti a causa dell’occlusione. Potenzialmente l’ipotesi di rotazione di un updraft è molto più elevato quando i flussi d’aria sono soggetti a wind shear positivo, come, ad esempio, in un sistema supercellare che muove con venti in quota provenienti da ovest e con un inflow al suolo da sud est. Chiaramente una condizione simile favorisce enormemente la rotazione dell’updraft rispetto a sistemi temporaleschi in cui l’inflow risulta allineato con uno jet stream in quota.
Secondo Lemon e Doswell (1979) esso sembrerebbe originarsi proprio quando lo pseudo fronte freddo sta raggiungendo lo pseudo fronte caldo, ovvero l’innesco vero e proprio: una sorta di “punto critico” raggiungibile solamente con la sinergia, come avrete potuto notare, di numerosi fattori scatenanti. Infatti, sebbene una supercella possa persistere in una configurazione piuttosto stabile anche per diverse ore, l’inizio delle fasi di “preparazione” al raggiungimento del punto critico, e quindi dell’innesco, può essere davvero molto breve e la comparsa di un tornado può avvenire nel giro di alcuni minuti a causa delle considerevoli celerità delle forze dinamiche in gioco.
A questo punto tutto l’updraft, alle varie quote, sta ruotando in maniera sufficiente allo sviluppo di una wall cloud e di una successiva funnel cloud (vedi foto):
*Nota:
- inflow tail: non è in collegamento con una wall cloud e quest’aspetto fisico la differenzia inequivocabilmente dalla tail cloud. L'inflow tail è una coda nuvolosa che si orienta a seconda dell'updraft (e solitamente molto inclinata a causa dell’intenso richiamo di aria calda ed umida dagli strati d’aria prossimi alla superficie e nelle immediate vicinanze), mentre l’inflow band talvolta connessa alla shelf cloud si orienta sempre da E-SE a W-NW e, ad ogni modo, sempre davanti al bordo avanzante (spesso è quello orientale) della supercella. Sarà dunque impresa piuttosto semplice procedere ad una distinzione di queste nubi, escludendo la tail cloud, visto che quest'ultima presuppone la presenza contermine di una wall cloud e l’inflow band perché:
- L'inflow tail è solitamente più piccola dell’inflow band;
- L'orientamento dell'inflow tail non è costante; l’inflow band si orienta sempre da E-SE a W-NW
- L'inflow tail può presentarsi in ogni settore del sistema orientandosi in modo inaspettato per l’influenza di squilibri termodinamici originati dai RFD/RRD e dall’eventuale rotazione dell’updraft;
L’inflow band si origina e fa il suo ingresso davanti al bordo avanzante del mesociclone, quindi molto spesso sui quadranti orientali.
Terminiamo la nota sopraccitata per non creare confusione.
- Tail cloud;
- wall cloud;
- lowering
costituiscono altre “nubi accessorie”, relativamente alla formazione di tornado, che verranno descritte a breve nel prosieguo di questo testo. Per adesso sappiate che esistono e che, se menzionate in seguito, potrete poi comprenderne la genesi e riconoscerne l’integrazione nella struttura mesociclonica.
Abbiamo interrotto il film di genesi tornadica con una preziosa nota ma torniamo alla dinamica ed al momento dell’origine della wall cloud. Essa si origina per opera della corrente discendente raffreddata all'interno del cumulonembo che, invece di espandersi sulla superficie terrestre nel settore posteriore del temporale come outflow, viene spinta all’interno del mesociclone in rotazione per effetto dell’elevatissimo gradiente barico tra le due zone contermini: mesociclone ed aree periferiche. In altre parole una parte di quest'aria fredda si inserisce nella corrente ascendente calda e si avvolge a spirale intorno ad essa venendo spinta ulteriormente verso l'alto. Poiché il punto di rugiada di una massa di aria fredda è inferiore a quello di una massa di aria calda, l'aria fredda infiltrata condenserà ad una quota altimetrica inferiore formando dunque una nube a muro (wall cloud) che si evidenzierà al di sotto della base del cumulonembo principale.
La wall cloud costituisce dunque un segnale inequivocabile dell’elevata rotazione mesociclonica e di elevati valori depressionari nella cella temporalesca in relazione a quelli delle masse d’aria circostanti e cooperanti.
Il decremento apicale dei valori di pressione al centro della wall cloud sono elevatissimi e nei casi più eclatanti raggiunge differenze di 400 hPa. Un valore, per intenderci, sufficiente ad ostacolare la respirazione e causare addirittura danni all’apparato uditivo dell’uomo.
Nota: la Wall Cloud (nube a muro) non costituisce necessario presupposto ed elemento prefazionale al manifestarsi di un tornado. Si origina nell’area basale di maggiore attività del mesociclone e cioè a sud o sud ovest rispetto all'area colpita dalle precipitazioni.
Ha un diametro variabile e mediamente compreso fra 1,5 a 8 chilometri.
Durante la fase iniziale della sua genesi, al di sotto la rain free base (base del cumulonembo dove non ci sono precipitazioni) non compare nessun tipo di nube.
Negli istanti immediatamente successivi si formano a mezz’aria fractocumuli contenuti e compatti più bassi rispetto alla rain free base. Nel secondo stadio di formazione si creano altri fractocumuli che, in ascesa, si uniscono alla base del cumulonembo andando a costituire un Lowering (tra breve vedremo cos’è) temporaneo che, nel giro di qualche minuto, a causa degli effetti termodinamici e dall’inerzia impressa dal sistema, si trasformerà presto in wall cloud.
E’ bene precisare che una wall cloud può originarsi anche in un debole sistema mesociclonico e ruotare molto lentamente senza alcun presupposto di formazioni vorticose.
La Wall Cloud è dunque, per definizione universale, l’estremità inferiore di un mesociclone e dalla quale può potenzialmente originarsi e sortire i suoi effetti al suolo un tornado.
La velocità di rotazione di una Wall Cloud wall dipende in generale dalla sua larghezza e dalla sua quota, ma mediamente ogni rotazione impiega un paio di minuti.
Se prendiamo come esempio una wall cloud del diametro di 2 chilometri e ne calcoliamo la circonferenza in 6,28 chilometri abbiamo che in un minuto vengono percorsi 3 chilometri abbondanti che corrispondono ad una velocità del vento all’esterno della Wall Cloud pari a circa 180 Km/h.
Le caratteristiche di una Wall Cloud sono le seguenti:
1. vita media superiore ai 10 minuti indipendentemente dalla sua forma che potrebbe mutare.
2. rotazione persistente, lenta ma evidente; se la Wall Cloud dovesse ruotare velocemente significa che un tornado è in fase di formazione.
3. inflow al livello del suolo da Sud, Sud Est o Est con velocità superiori ai 20 nodi (35-40 chilometri orari).
4. rapido movimento ascensionale dei fractus che entrano nella rain free base.
5. presenza della Tail Cloud sul lato della Wall Cloud adiacente al settore dei downdrafts.
6. presenza di bande laminari (indice di updraft rotante, ovvero del mesociclone) nel punto d'unione tra la Wall Cloud e la rain free base.
Un fondamentale e già abbastanza noto aspetto da considerare è che alle basse quote, a causa dell’elevatissima turbolenza e windshear originati dal passaggio del gust front della supercella nello strato limite termico, si originano intensi vortici d’aria orizzontali. Questa caratteristica dinamica è causata dal “rullare” di masse d’aria su altri strati d’aria di diversa velocità, intensità e direzione di spostamento. I bassissimi valori di pressione sopraccitati “impennano” letteralmente questi vortici orizzontali nella zona d’aspirazione dell’updraft (quasi sempre contermine alla wall cloud) incrementando la velocità di rotazione ed accentuando l’inerzia giroscopica della funnel cloud. Approfondiamo questo concetto:
Se il vento alle varie quote è sostenuto e lo shear verticale ed orizzontale è considerevole, fra due flussi d’aria che scorrono uno sull’altro si originano importanti rotazioni orizzontali e turbolenze (rotori da windshear) che, se non disturbate da altri fattori, non risultano produrre danni al suolo. Tuttavia, se ciò si verifica nell’area di “innesco” termico d’alimentazione principale dell’updraft, allora possiamo considerare di aver ottenuto un ottimo detonatore di una potente “miscela esplosiva”.
Questa situazione comporta, infatti, la contemporanea rotazione, all’interno della cella temporalesca, di:
- un mesociclone con rotazione antioraria (+) sul settore sud occidentale del sistema (dove lo shear direzionale agisce ancora senza alcuna influenza esterna) e moto ascendente;
- un mesociclone (mesoanticiclone) con rotazione oraria (-) e moto discendente, individuabile nel settore anteriore della cella, ovvero nel settore nord orientale nei pressi della downdraft area.
A causa del suo posizionamento di genesi il mesociclone (-), che si forma nell’area del downdraft, è destinato ad estinguersi, mentre il mesociclone (+) tende ad aumentare la sua dinamicità nella rotazione che deriva dal trasferimento di vorticità positiva (proprietà dell’aria di ruotare attorno ad un asse) impressa dall’inflow all’updraft.
L’interazione e la sinergia di queste due circolazioni all’interno della supercella costituiscono la causa di rivelazione di un “eco ad uncino” individuabile con una scansione radar che tradisce la presenza di un mesociclone all’interno del cumulonembo.
A questo punto si comprende bene come, prima di estinguersi, il downdraft anticiclonico funga da vero e proprio “slaps sequence” (“sequenza di sberle”) dell’updraft ciclonico in una sorta di ruote ad ingranaggi, dove, sia l’uno che l’altro implementa la propria rotazione a vicenda.
Se l’updraft rotante originatosi perdura per un tempo sufficiente esso va ad interagire con l’energia di rotazione complessiva impressa al sistema anche in quota ed il Rear Flank Downdraft può indirizzare la rotazione anche verso il basso dalle medie quote della troposfera, costituendo un fattore scatenante di notevolissimo successo per la genesi tornadica. L’outflow del RFD, dirigendosi verso est e quindi verso l’inflow che si inserisce nella supercella, origina anch’esso una rotazione orizzontale tra le due masse d’aria. Questa turbolenza orizzontale, nei bassi strati, verrà inesorabilmente risucchiata nel mesociclone con il risultato di una probabilissima comparsa di una funnel cloud, preludio quasi certo allo sviluppo di un tornado.
Per effetto dell’implementazione dei valori termodinamici sopraccitati verso il suolo il mesociclone, a causa dell’aria fredda e secca che condensa a quote sempre più basse, prolungherà la sua corsa in rotazione al di sotto della wall cloud originando una funnel cloud tanto più marcata quanto più elevati saranno i valori termici, idrometrici e barometrici dello strato limite termico al suolo.
In alcuni casi, infatti, la funnel cloud non è visibile fino al punto d’impatto del vortice con il terreno a causa di valori di condensazione insufficienti. Questo non esclude pertanto i numerosi casi di formazione di debris cloud senza un continuum più o meno marcato tra questa e la funnel cloud.
In tale dinamica, proprio la formazione di debris cloud sancisce incontrovertibilmente la nascita del tornado.
A completamento della descrizione di nubi accessorie in relazione alla genesi mesociclonica si menzionano infine Tail Cloud e Lowering, che, precisiamo, non sono sempre presenti in una manifestazione tornadica e non ne costituiscono necessarie parti strutturali, complementari o collaterali.
- Tail cloud: è un prolungamento di una Wall Cloud. La Tail Cloud rappresenta la traiettoria che l'aria fredda compie per portarsi dall’area delle precipitazioni piovose alla Wall Cloud attraverso la quale entra nel mesociclone. Normalmente nelle supercelle le precipitazioni si trovano sempre a Nord o Nord Est rispetto all'area delle correnti ascensionali e quindi ne deriva che la Tail Cloud si estenderà in quella direzione. La Wall Cloud assieme alla Tail Cloud indicano l'estensione verso terra del mesociclone.
- Lowering: non posso non citare la meravigliosa descrizione che ne da Alberto Gobbi.
“Si presenta come una protuberanza nuvolosa piuttosto circolare e sfilacciata, avente il diametro compreso tra 0,5 e 2 chilometri che sporge dalla base di un cumulonembo in corrispondenza dell’updraft principale. Il Lowering si forma perché l'aria più fresca e più umida (contributo di umidità fornito dai rovesci già in atto) risucchiata dall'updraft condensa ad una quota inferiore rispetto alla base del cumulonembo in quanto la temperatura di saturazione (Dewpoint più elevato), nell’area occupata dal Lowering, viene raggiunta prima ed in conseguenza ad una quota più bassa. La formazione di un Lowering non presuppone l'esistenza di un outflow rotante (mesociclone) responsabile dello sviluppo di un Wall Cloud.
La formazione di un Lowering necessita di una di queste due condizioni:
1) risucchio di parte dell'inflow causato di un intenso updraft.
2) intensi rovesci di pioggia nel temporale per umidificare l'aria nei bassi strati. Infatti, celle temporalesche che producono rovesci di pioggia di scarsa consistenza quasi mai producono Lowering."
Ogni piccolo cambiamento nella forza dell'updraft e nell'equilibrio fra inflow e outflow è manifestato direttamente dalla formazione di questa piccola e caratteristica nube. Il mutamento morfologico del Lowering è pressoché infinito ma in base alla sua conformazione si può affermare quanto segue:
- Lowerings irregolare significa che l'aria calda (inflow) e l'aria fresca (outflow) si stanno mescolando in maniera irregolare
- Lowerings aderente alla base del Cumulonembo e più completo significa che l'updraft è forte, concentrato e strutturalmente più compatto
- Lowerings circolare indica che l'aria umida ha avvolto l'updraft quindi esiste rotazione
- Lowerings incompleti, inclinati, allungati o frammentati denotano deboli updrafts
- Lowerings molto bassi, grossi, larghi o circolari vanno tenuti sotto controllo (possibile Wall Cloud)
Una forma incompleta o asimmetrica del Lowering evidenzia un updraft abbastanza debole e l’impossibilità che la nube evolva in qualcosa di pericoloso.
Al contrario quando un Lowering diventa completo e circolare prende il nome di Wall Cloud. Teniamo comunque presente che non tutti i Lowering bassi e scuri rappresentano un pericolo, come ad esempio quelli che si formano sul bordo avanzante di un temporale che non potrà mai trasformarsi in una Wall Cloud.
Tuoni e fulmini sono buoni indicatori, di come potrebbe evolvere la situazione, se combinati con altre osservazioni. Una cella temporalesca in fase di crescita avrà la maggior parte dei fulmini davanti all'updraft principale con scariche multiple e improvvisi incrementi nell'intensità. Una situazione potenzialmente a rischio si realizza quando fulmini intensi si abbattono a terra in assenza di precipitazioni e con la presenza di un Lowering nelle immediate vicinanze associato a calma di vento a livello del suolo. Questa situazione presenta un potenziale pericolo dato da un esplosivo updraft che potrebbe dar vita ad un tornado.
Infine riporto il sunto di una nuova ed affascinante teoria (discutibile e non escludibile, a mio avviso) riportata su numerosi testi, come ad esempio “Meteorologia (Atlante Scientifico Giunti)”.
La velocità di questi venti è tale che essi non sono dovuti solo alle differenze di temperatura, umidità e pressione: tra la base del cumulonembo e la superficie terrestre esisterebbe una differenza di potenziale elettrico dell’ordine di 10 2 - 10 3 MV, sufficiente, da sola, a innescare il moto rotatorio delle particelle d’aria: un sorprendente campo di forza capace di coadiuvare in maniera rilevante l'azione termodinamica delle masse d'aria in gioco.
Le minute gocce d’acqua cariche elettricamente sarebbero attratte dalla parte di nube con carica elettrica opposta e, raggiungendola, si scaricherebbero per poi ricaricarsi subito e nuovamente di segno opposto. Respinte, tornerebbero al lato di partenza, originando così un ciclo chiuso e continuo.
E’ la teoria di Vonnegut, convalidata dal fatto che in un cumulonembo di medie dimensioni il campo elettrico è pari a circa 0,1 MV, sufficiente ad alimentare un tornado per alcune ore: un tempo che coincide con la vita media di questi fenomeni.
Ricordo ai lettori che tutte le teorie rimangono tali fintanto che non siano comprovate e motivate concretamente da dati certi ottenuti mediante azione d’analisi, esperimenti e verifiche affidabili. Per cui sarà opportuno, per il momento, essere prudenti sulla valutazione di veridicità della teoria sopraccitata e che potrete approfondire su questo link.
Ora che abbiamo compreso la genesi di un tornado potremo, nel prossimo capitolo, analizzare tutti i suoi dettagli fisici e d'azione e realizzare meglio (anche se non in modo sensoriale) la mostruosa potenza di questi onnipotenti giganti dell’aria.
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