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Vulcanologia

L'eruzione del vulcano Tambora e l'anno senza estate

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E' giunto il momento di effettuare un'esplorazione sistematica di tutti gli archivi disponibili sulle eruzioni.

vulcano TamboraDuecento anni fa, la metà del mondo era immersa nel buio. Tambora il vulcano sull'isola indonesiana di Sumbawa esplose nel mese di aprile del 1815, uccidendo più di 60.000 persone e trasformando l'estate in inverno in molte parti dell'emisfero settentrionale.

L'eruzione del Tambora è stata la più grande della storia in 750 anni. In ricordo di questo grande disastro naturale il 7 aprile  gli scienziati si riuniranno per una conferenza di quattro giorni a Berna, in Svizzera. Si discuterà inolte sulla minaccia rappresentata dai vulcani oggi, così come del ruolo svolto dall'eruzione nella regolazione del clima terrestre.

Anche se 800 milioni di persone in 86 paesi vivono in un raggio di 100 chilometri da un vulcano, il 90% dei posti più pericolosi al mondo sono concentrati in Indonesia, Giappone, Messico, Etiopia e nelle Filippine.
Tra questi, l'Indonesia, che si trova sul cosiddetto "Anello di Fuoco", è la più vulnerabile.

Oltre al Tambora, l'Indonesia ospita forse la più famosa eruzione della storia. Nel 1883, l'eruzione del Krakatoa, fu anch'essa catastrofica poichè causò la morte di almeno 34.000 persone, anche se oggi si stima che la quantità di polveri emessa fu di un terzo inferiore a quella del Tambora.

Stephen Self, della University of California di Berkeley, studioso delle eruzione del Tambora spiega : "Il vulcano emise gas sulfurei che nell'atmosfera generarono un aereosol tanto denso e spesso da bloccare la luce del sole, così che su gran parte dell'Europa e del Nord America si ebbe un "anno senza estate", come viene ricordata. "I raccolti vennero distrutti dal freddo e la gente fu costretta a mangiare gatti e topi"

"Un'eruzione di quelle dimensioni oggi avrebbe certamente importanti effetti sul traffico aereo, nonché sulla circolazione atmosferica in tutto il mondo, quindi ci piacerebbe sapere quando ci sarà la prossima eruzione ," ha spiegato Self . "Ma non possiamo prevederla , se non sappiamo la dimensione di eruzioni passate e quando hanno avuto luogo. Anche in un Paese con vulcani ben studiati, come il Giappone, manca almeno il 40 % delle registrazioni riguardanti grandi eruzioni. E se si guarda indietro a 3.000 o 4000 anni fa, la documentazione peggiora. Sappiamo che ci sono grandi eruzioni che non risultano in alcun archivio e che non conosciamo".

In tutto il mondo, molte eruzioni esplosive proiettano in media e alta atmosfera molecole di solfato e acido solforico in primo luogo, che ricadono al suolo con la neve come acido sui ghiacciai e le calotte di ghiaccio, lasciando tracce che possono essere viste nelle carote di ghiaccio provenienti dalla Groenlandia e altrove.

"E' necessaria quindi una ricerca approfondita e sistematica  di tutti gli archivi disponibili sulle eruzione: carote di ghiaccio, sedimenti oceanici, volumi delle caldere telerilevati e analisi geocronologica dei depositi eruttivi ,in modo da avere una migliore possibilità di comprendere i potenziali rischi futuri", ha scritto in Geosciences Natura il coautore dello studio Ralf Gertisser di Keele University, nel Regno Unito.

 Nel mese di gennaio il Global Volcano Model and the International Association of Volcanology and Chemistry of the Earth's Interior, hanno pubblicato un rapporto sui rischi di eruzioni in tutto il mondo. I gruppi hanno notato una mancanza di informazioni sulla frequenza e sulla dimensione delle eruzioni come quelle del Tambora, il che rende difficile stimare il pericolo dei vulcani storicamente attivi ma non attualmente in eruzione. Recentemente, gli scienziati hanno ipotizzato che l'eruzione del Toba, sull'isola di Sumatra 74 mila anni fa, è stata una super-eruzione, la  più distruttiva, mai registrata. L'esplosione creò una caldera di 100 km per 60 di diametro, oggi occupata dal lago Toba, e proiettò in atmosfera polveri che finirono anche sull'Himalaya a 3.000 km di distanza.

Secondo un  rapporto di gennaio, il 90% del rischio derivante dai vulcani è concentrato nelle cinque nazioni: Indonesia, Filippine, Giappone, Messico ed l'Etiopia. Self ha trascorso gran parte della sua carriera a visitare le caldere di grandi eruzioni vulcaniche e a raccogliere campioni di cenere e lava per determinare quando e quanto ci fosse stata attività vulcanica in passato. Nel 1979, fu il primo scienziato a visitare Tambora stimando che quando esplose nel 1815, emise da 30 a 50 chilometri cubi di materiale.

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Gas di zolfo salito nella stratosfera, generò  particelle di aerosol di solfato, bloccando  la luce del sole per più di un anno. Questo è il più noto esempio di raffreddamento globale indotto da un vulcano, ha spiegato Self. Alcuni stimano che la temperatura media globale scese in seguito a quell'episodio di oltre 1 grado Celsius (1,4 gradi Fahrenheit), causando cattivi raccolti in Asia, in Europa e Nord America. Per confronto, Mount St. Helens eruttò nello Stato di Washington circa 1 chilometro cubo di materiale nel 1980, mentre la produzione del Pinatubo nel 1991 fu di circa 5 chilometri cubi.

Anche il continente del Nord America ha i suoi vulcani pericolosi.  

Il Crater Lake è stato creato da una eruzione di dimensioni simili a quelle del Tambora 7700 anni fa, mentre la zona intorno al Parco Nazionale di Yellowstone è stata l'epicentro di una lunga serie di super-eruzioni, le più recenti circa 640 mila anni fa, che ricoprirono gran parte del continente nordamericano di cenere. La  Long Valley a est della Sierra Nevada in California, all'interno della quale si trova la città di Mammoth, è considerata un supervulcano attivo, anche se vi si verificò solo un'unica enorme eruzione 760 mila anni fa. Vulcani più piccoli, come il Mount Rainier e il Monte Hood, rispettivamente negli Stati di Washington e Oregon, sono ancora considerati attivi, mentre in California, il Monte Lassen fu teatro di un'eruzione di tipo esplosivo appena 100 anni fa. 

Lo scienziato Self ha infine dichiarato:

"Non possiamo fermare le eruzioni, ma possiamo prepararci ad adattarci all'impatto immediato di cenere sul traffico aereo e all'effetto successivo di aerosol di solfato sulle colture e sulla vegetazione

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