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Risolto il mistero della moria delle api

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api2Avevamo trattato questo argomento in un precedente editoriale quando scattò l'allarme api in tutto il Mondo leggi qui e i dubbi aleggiavano tra gli scienziati. Da quando è apparso con prepotenza nel 2006 negli Stati Uniti il cosiddetto Colony Collapse Disorder (CCD), nel nostro idioma “disturbo da collasso dell’alveare”, sta provocando l'inspiegabile sparizione di miliardi di api da miele (Apis mellifera – Linneo 1758) ed il conseguente svuotamento degli alveari in tutto il mondo, un mistero scientifico che in molti hanno tentato di spiegare ma al quale solo oggi è stata data una risposta chiara e definitiva. Grazie ad un importante progetto di ricerca, coordinato dal professor Alex Lu del Dipartimento di Salute Ambientale della Harvard School of Public Health, è emerso con “prove estremamente convincenti” il legame tra il Colony Collapse Disorder ed un pesticida di utilizzo piuttosto comune, l'Imidacloprid.

Introdotto nei primi anni del 1990 questo insetticida di ultima generazione è un cloronicotinico neonicotinoide (dalla struttura molto simile alla nicotina) che in determinate concentrazioni non è tossico per l'uomo ed altri mammiferi, sebbene sia estremamente dannoso per gli ambienti acquatici -uccide invertebrati e alghe- e persino per gli uccelli. Utilizzato anche in colture dedicate all'alimentazione umana, negli ultimi anni è finito nel mirino dei ricercatori come uno dei responsabili della moria di api e, grazie al lavoro di Lu e del suo team, è stato definitivamente smascherato.

Secondo gli studiosi le api mellifere possono essere esposte all'imidacloprid in due modi differenti: il primo attraverso il nettare delle piante trattate ed il secondo a causa degli apicoltori che utilizzano sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio per nutrirle (negli Stati Uniti la maggior parte del mais viene fatto crescere con l'ausilio del pesticida). Gli studiosi sono giunti alle loro conclusioni monitorando nel 2010 una serie di alveari nella contea di Worcester trattati con diversi livelli di Imidacloprid: dopo 12 settimane di somministrazione tutte le api erano ancora vive, ma dopo 23 settimane in 15 dei 16 alveari trattati (il 94%) tutte le api erano o morte o scomparse.

Gli alveari esposti a concentrazioni più elevate del pesticida ne hanno subito prima le conseguenze, secondo gli studiosi totalmente in linea con quelle del Colony Collapse Disorder. Quando gli alveari sono colpiti da malattie o parassiti si trovano molte api morte sia all'interno che all'esterno di essi, nel caso della CCD invece si trovano pochissimi corpi (il mistero della scomparsa) e gli unici superstiti  sono solitamente giovani vicino alle celle col miele. La scoperta più preoccupante, secondo il professor Lu, è stata quella che per causare il crollo degli alveari sono state impiegate concentrazioni più basse di quelle utilizzate solitamente nelle colture e coltivazioni dove le api si nutrono.

Le api svolgono un ruolo biologico fondamentale e la loro scomparsa avrebbe conseguenze catastrofiche per l'intero pianeta e per la nostra specie, per queste ragioni l'utilizzo del pesticida dovrà essere rivisto e molto probabilmente cancellato, sebbene non sarà un procedimento rapido e semplice data la larghissima diffusione dell'Imidacloprid, recentemente utilizzato anche nella lotta contro il punteruolo rosso che sta distruggendo i palmeti in varie parti del mondo, Italia compresa. I risultati dettagliati dell'importante progetto di ricerca condotto dagli studiosi della Harvard School of Public Health saranno pubblicati nel mese di giugno sul Bulletin of Insectology.

Vincenzo Ficco mpi end{jacomment on}

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