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Editoriali

Neve Nera e Scie chimiche?! Solita "betoniera" di idiozie. La parola alla ricercatrice Natalia De Luca

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Neve Nera e Scie chimiche?! Solita "betoniera" di idiozie.

neve neraCirca un mese fa un team di scienziati, rientrato da un viaggio di ricerca in Groenlandia, ha messo in evidenza un fenomeno piuttosto particolare. La superficie dei ghiacciai esaminata era ricoperta quasi interamente da neve nera, come è possibile osservare dalla foto di fianco.

Immediatamente i cospirazionisti, ossia coloro che credono alle favol… ops… tesi delle “scie chimiche” hanno subito gridato al “GOMBLOTTO”, affermando che la neve, scendendo dal cielo, fosse stata contaminata dalle scie malvagie rilasciate dagli UF.. ops… dagli aerei: “Questa non è una neve fatta con la neve, è una neve particolarissima, è NEVE CHIMICA! Questo è un esperimento che fanno con tutti noi, una tecnologia HAARP, nessuno crede che esiste”.

Non pretendiamo affatto di convincere gli assertori della teoria del “complotto” ma, di contro, cerchiamo di condurre al ragionamento gli indecisi. Ciò assodato preferiamo, quindi, “indagare” su qualcosa di più concreto e cioè sulle possibili, vere, cause del suddetto fenomeno. A tale proposito abbiamo rivolto la domanda alla Dott.ssa Natalia De Luca del Dipartimento di Scienze Fisiche e Chimiche dell’Università de L’Aquila: "
I veicoli stradali circolanti nel mondo (automobili, trasporto merci, mezzi agricoli ecc.) contribuiscono in modo significativo alle emissioni di inquinanti atmosferici rilevanti per il clima globale e/o la qualità dell’aria locale, in particolare CO2, CH4, NMHC (idrocarburi non-metanici), CO, NOx (e quindi O3 come inquinante secondario formato fotochimicamente), PM (cioè aerosol, prevalentemente carbonacei e solforici) e SO2. Le emissioni dal traffico stradale hanno effetti significativi sia sulla qualità dell’aria che sul clima globale, interagendo con il bilancio della radiazione solare incidente e con quello della radiazione infrarossa planetaria.In particolare gli aerosol atmosferici riflettono e/o assorbono le radiazioni provenienti dal Sole in funzione della dimensione e composizione chimica delle particelle che lo compongono e della lunghezza d’onda della radiazione stessa. Essi hanno quindi un’influenza diretta sul bilancio energetico terrestre a cui è legato il clima. La sorgente di energia principale per la terra è la radiazione proveniente dal sole. Circa un terzo della radiazione solare è riflessa verso lo spazio (backscattering). La restante parte è assorbita in parte dall’atmosfera e in parte dalla superficie terrestre (continenti, oceani, ghiacci). La radiazione solare assorbita dall’atmosfera e dalla superficie terrestre è bilanciata al top dell’atmosfera dalla radiazione infrarossa uscente. L’effetto radiativo medio degli aerosol, al contrario di quello dei gas serra, è negativo e tende a raffreddare la superficie terrestre, almeno per quanto riguarda l’interazione diretta con la radiazione solare incidente che viene riflessa verso lo spazio".

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"Fanno eccezione - continua la De Luca - gli aerosol di black carbon: in questo caso il forte assorbimento specifico della radiazione domina sullo scattering (e si ha quindi un riscaldamento). I processi di combustione producono normalmente aerosol di black carbon (BC) ed altre particelle cosidette “fini”: in particolare le emissioni dei motori Diesel sono responsabili globalmente di circa il 17% del BC in atmosfera, che, più ancora di tutti gli altri tipi di aerosol, può provocare danni seri alla salute umana. Il sistema principalmente attaccato dal particolato è quello respiratorio e il fattore di maggior rilievo per lo studio degli effetti è la dimensione delle particelle in quanto da essa dipende la capacità di penetrazione nelle vie respiratorie. Le particelle fini sono quelle che hanno il massimo impatto sulla salute dell’uomo perché quando vengono inalate arrivano fino ai polmoni, dove vengono adsorbite alla superficie delle cellule, creando danni seri alla salute. Studi epidemiologici hanno dimostrato l’esistenza di consistenti e significative associazioni fra tassi di mortalità giornalieri e a lungo termine e concentrazione nell’aria di particolato, con riferimento in particolare al cancro polmonare ed alle malattie cardiocircolatorie. Le particelle di BC possono inoltre contenere diverse sostanze organiche e inorganiche pericolose per la salute umana. Alcune di queste sostanze organiche sono: il benzene, i PCB (bifenilipoliclorurati) e gli IPA (idrocarburi policiclici aromatici); mentre le sostanze inorganiche più pericolose  sono i metalli e i composti contenenti zolfo. La concentrazione locale di aerosol in un dato sito può essere largamente perturbata da trasporto da siti remoti, nel caso ad esempio di eventi di trasporto di polveri desertiche e/o di fumi di incendi. Analogamente, anche le emissioni veicolari di aerosol in un sito specifico possono contribuire ad alterare la qualità dell’aria in siti remoti, a causa del trasporto su larga scala. Il trasporto di black carbon dalle medie latitudini dell’emisfero nord in Artico rappresenta un esempio significativo dell’importanza del trasporto di inquinanti su larga scala. Studi effettuati all’inizio degli anni ’80 hanno rilevato sull’Artico concentrazioni di BC in troposfera fino ad 8 Km paragonabili con quelle rilevate in aree urbane a latitudini intermedie, evidenziando così il ruolo dei meccanismi di trasporto globale. Inoltre, la deposizione di BC su superfici con albedo elevata (ghiaccio, neve) ne riduce l’albedo contribuendo così indirettamente al loro riscaldamento. Il BC attualmente costituisce il secondo contributo alla forzatura radiativa su scala globale (contribuisce per circa la metà rispetto alla CO2 e più degli altri gas serra).  Circail 60% del BC emesso ha origine antropica e di questo circa un terzo è dovuto alle emissioni derivanti dal trasporto su strada  (90% proviene da motori diesel e 10% da motori a benzina). Appare dunque evidente la rilevanza delle strategie di controllo delle emissioni di BC da parte dei motori diesel nella valutazione del cambiamento climatico. Gli effetti sulla forzatura radiativa sono amplificati in Artico dalla elevata albedo superficiale. Un ammontare significativo di BC residente in Artico a quote fino a 8 km di altezza dal suolo e lì trasportato dalle regioni di emissione (medie latitudini dell’emisfero nord) può assorbire grandi quantità di radiazione solare, in quanto efficacemente riflessa dalla neve e ghiacci artici. Inoltre, la deposizione a terra del BC in Artico e sui ghiacciai in genere (mediante le piogge) causa una diminuzione dell’albedo superficiale: se questo in parte limita l’assorbimento di radiazione da parte del BC in atmosfera, dall’altro determina un riscaldamento della superficie perché meno radiazione solare viene riflessa verso lo spazio. Il risultato è un’accelerazione nello scioglimento dei ghiacciai e della banchisa artica".

Appare dunque evidente - conclude la Dottoressa De Luca - l’importanza a livello climatico globale di una riduzione delle emissioni di BC da parte dei motori Diesel. In Europa tale riduzione avrebbe effetti sostanziali a causa dei particolari meccanismi di trasporto atmosferico, che rendono l’Artico particolarmente vulnerabile all’apporto di BC dall’Europa".

Il punto, quindi, è che il fenomeno della "neve nera" dipende sostanzialmente dal trasporto di black carbon (emesso principalmente dal traffico veicolare) dalle medie latitudini all'Artico e gli effetti sono a carico del sistema climatico in generale. Nessun mistero o complotto visto che sono processi noti e in fase di studio.

Angelo Ruggieri

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