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Vulcanologia

Il vulcanismo parte I: Generalità del fenomeno

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vulcanismoIntroduzione

Vulcanoattività vulcanica sono termini che evocano immagini a tutti abbastanza familiari, eppure la definizione  del fenomeno vulcanico nel suo insieme è tutt’altro che semplice, sia per la complessità e la molteplicità dei processi che comprende, sia per le strutture e i prodotti cui dà origine.

Tuttavia, almeno un aspetto del vulcanismo appare comune a tutte le sue manifestazioni, ed è la risalita, dall’interno della Terra, di materiali rocciosi allo stato fuso, mescolati a gas e vapori, tutti ad alte temperature, che, una volta giunti in superficie, si raffreddano rapidamente e si solidificano oppure si disperdono nell’atmosfera.

In generale , infatti, quando alcune porzioni dell’interno del nostro pianeta, che è in gran parte solido (ma un solido particolare a causa delle alte temperature e pressioni a cui è sottoposto), fondono, si originano i magmi che tendono a sollevarsi proprio verso la superficie terrestre. Questo accade perché di solito il magma è meno denso delle rocce circostanti, oppure perché è come “spremuto” verso l’alto dalle forze esistenti nell’interno della crosta terrestre attraverso le sue fratture.

Il magma poi sale fino a che  non raggiunge uno strato con uguale densità e a quel punto si arresta ristagnando in una zona prossima alla superficie, detta camera magmatica. Questo è un termine che corrisponde a vecchie idee, quando si riteneva che  l’interno della Terra fosse pieno di caverne  e canali attraversati da venti e da fuochi sotterranei. Più verosimilmente, si tratta di una zona in cui il magma si inietta nelle fratture esistenti, ingrandendole e provocandone delle altre.

Comunque i magmi, generalmente esistenti nella crosta terrestre e nella parte alta del sottostante mantello (circa tra i 15 e i 100 km), non sono stabilmente presenti in questo o in quel settore all’interno del pianeta, ma si formano localmente per il verificarsi, nel tempo, di particolari condizioni chimiche e fisiche (come aumento di temperatura, diminuzione di pressione, arrivo di fluidi): quando e dove si raggiungono tali condizioni, i materiali rocciosi solidi presenti cominciano a fondere.

Di conseguenza, l’attività vulcanica può innescarsi improvvisamente in qualche settore della superficie terrestre e persistervi per un tempo più o meno lungo (anche per milioni di anni), prima di estinguersi per il venir meno, in profondità, di quelle condizioni che avevano provocato la formazione di magma.

In ogni caso, qualunque ne sia la causa determinante, il processo di fusione non trasforma istantaneamente in liquido tutto il materiale roccioso coinvolto, ma procede gradualmente, dando origine a un liquido che si separa man mano da un residuo refrattario solido (materiale adatto a resistere ad alte temperature senza subire alterazioni). Si può pensare che materiale in origine molto caldo, ma ancora solido, si trasformi pian piano in una massa di consistenza pastosa, al cui interno si individuano innumerevoli minuscole gocce di magma. Quando un volume compreso tra il 5 e il 20 % del materiale originario è ormai fuso, le singole gocce trovano spazi sufficienti per muoversi e fondersi tra loro in una massa fluida continua che, per la sua minore densità rispetto al materiale circostante, rimasto solido, tende a muoversi verso l’alto.

Questo tipo di comportamento dei materiali presenti all’interno del pianeta rientra nel concetto generale di isostasia. (Il termine isostasia - dal greco ìsos, uguale e stàtis, stare - indica la tendenza della crosta a raggiungere una posizione di equilibrio, affondando più o meno nel mantello a seconda del suo spessore. Un settore di crosta può, nel tempo, assottigliarsi e, quindi, farsi più leggero, o aumentare di spessore e,quindi, divenire più pesante. Come conseguenza, quel settore di crosta sarà soggetto a lentissimi movimenti verso l’alto o verso il basso (aggiustamenti isostatici), per ritrovare l’equilibrio).

Dopo i lunghi tempi necessari per la fusione e la separazione, la risalita del magma è relativamente rapida e avviene attraverso le rocce solide sovrastanti, sfruttando ogni fessura che il magma stesso tende ad ampliare o a generare con la sua spinta. La velocità di risalita di un magma può variare moltissimo e dipende da molti fattori, come la maggiore o minore viscosità del magma (che dipende dalla composizione chimica), il volume di magma che si forma, la profondità della zona in cui si origina, la temperatura delle rocce attraverso cui risale e così via. La risalita del magma può quindi farsi più rapida o rallentare fino ad arrestarsi, per riprendere successivamente; ad ogni arresto la natura chimica del fuso può cambiare, ad esempio per assimilazione di parte delle rocce con cui viene in contatto.

I processi di generazione dei magmi possono quindi condurre ad un’attività vulcanica che si manifesta con fenomeni eruttivi di diversa intensità e caratteristiche e relativi prodotti.

La distribuzione geografica dei vulcani

Per capire il come e il perché i vulcani sono distribuiti in un certo modo sulla Terra è d’obbligo considerare la teoria della tettonica delle placche che, sviluppatasi a partire dagli anni ’60 riprendendo per certi aspetti le idee di Alfred Wagner sulla deriva dei continenti, fornisce un’efficace chiave di lettura nell’interpretazione dei fenomeni vulcanici e sismici a scala globale. Secondo tale teoria, la litosfera del pianeta è divisa in circa sedici zolle, lungo i cui margini si concentra la maggior parte dei fenomeni sismici e vulcanici che comunemente osserviamo. Inoltre, è possibile che tali attività, anche se in misura minore, abbiano luogo anche all’interno delle zolle, ben lontane dai margini che le delimitano.

limiti_zolle

Le zolle litosferiche sono in movimento relativo tra loro e, in base al tipo di movimento delle varie zolle le une rispetto alle altre, i margini che le separano possono essere classificati come segue:

  • Margini divergenti (o margini costruttivi), lungo cui due placche si allontanano e si genera nuova crosta;
  • Margini convergenti (o margini distruttivi), lungo cui le due zolle si scontrano determinando i processi di subduzione che portano alla consunzione della crosta;
  • Margini passivi, in corrispondenza dei quali le zolle scorrono l’una accanto all’altra senza che vi sia né produzione né distruzione di crosta.

La maggior parte dei vulcani attivi si trova in corrispondenza dei margini sia divergenti che convergenti, che sono anche la sede privilegiata dell’attività sismica.E' infatti in queste aree che, all’interno della Terra, si realizzano le condizioni per la formazione dei magmi e per il loro trasporto verso la superficie.

Un certo numero di vulcani attivi è presente anche all’interno delle placche, in connessione a situazioni geodinamiche particolari quali i punti caldi (hot spots) e i rifts continentali.

Vulcani delle zone di espansione (margini divergenti)

La maggior parte (più del 60%) del magma che esce sulla superficie terrestre si forma in corrispondenza dei margini divergenti, ovvero lungo le dorsali oceaniche che rappresentano l’aspetto topografico di maggior spicco dei fondali oceanici. Esse infatti costituiscono catene lunghe migliaia di chilometri che si elevano per 1.000 – 3.000 m in media dal fondo degli oceani rappresentando così i più grandi sistemi vulcanici della Terra.

dorsale_medio-oceanica

In corrispondenza dell’asse delle dorsali si ha una continua e lenta ascesa di mantello caldo astenoferico che spinge da parte la litosfera fredda. Il mantello in risalita è sottoposto ad un forte abbassamento di pressione, massimo al di sotto dell’asse, che ne provoca la fusione parziale. A sua volta, il processo di fusione parziale determina la formazione di magma basaltico il quale genera la nuova crosta oceanica. Nel corso del raffreddamento le lave eruttate si magnetizzano secondo bande orientate parallelamente al campo magnetico terrestre. Considerando che periodicamente il campo magnetico terrestre inverte la sua polarità, il risultato è la formazione, sul fondo degli oceani, di strisce parallele, simmetriche rispetto all’asse della dorsale, a polarità magnetica alternativamente normale e invertita. Nella figura di seguito viene invece riportato un esempio di margini divergenti continentali.

margini_divergenti_continentali

Vulcani degli archi insulari e dei margini continentali attivi

(margini convergenti)

I margini convergenti sono la seconda zona al mondo per produzione di magma, e la maggior parte dei vulcani attivi in ambiente subaereo e dei terremoti, (compresi quelli con ipocentro da intermedio a profondo), sono concentrati lungo tali margini.

Il modello classico che la teoria della tettonica delle placche propone per le zone di subduzione, prevede una zona di fossa, dove di fatto una placca si immerge nel mantello; una zona in cui le rocce della placca che sovrascorre si deformano e si comprimono generando un prisma di accrezione; una zona di arco frontale, caratterizzata da vulcanismo attivo; un bacino di retro-arco; ed eventualmente residui di archi e bacini inattivi lasciati come relitti durante la migrazione verso la fossa dell’insieme di tutte queste strutture. Inoltre, il fenomeno di convergenza delle placche produce strutture tettoniche e fenomeni magmatici che dipendono dalla natura della placca in sovrascorrimento.

Se questa è una placca oceanica succede che le rocce basaltiche portate in subduzione, man mano che sprofondano nel mantello, subiscono una complessa serie di reazioni di deidratazione, cioè liberano l’acqua in esse contenuta. Si genera così un flusso di fluido che si diffonde nella sovrastante astenosfera abbassandone la temperatura di fusione e generando magmi. Il vulcanismo di quest’ambiente può essere altamente esplosivo a causa dell’elevato contenuto in volatili del magma e a causa del fatto che, generalmente, si sviluppa in ambiente subaereo, a pressione costante. Il risultato di questo processo sarà infine un arco di isole vulcaniche.

Se invece la placca che sovrascorre è di tipo continentale, si ha che la placca litosferica disloca verso l’alto porzioni calde di astenosfera, provocandone la fusione parziale per decompressione. Si avrà, come risultato, la formazione di un margine continentale attivo.

La genesi dei magmi di questi due ambienti è quindi grosso modo simile ma, nell’ultimo caso, le caratteristiche geochimiche del magma possono essere modificate da effetti di contaminazione dovuti alla crosta continentale divenendo così più alcalini e ricchi in volatili e di conseguenza più esplosivi.

Infine, se le due placche convergenti sono entrambe oceaniche, i magmi dei vulcani di retro-arco (spesso sottomarini) hanno caratteristiche simili a quelle delle dorsali oceaniche.

zone_di_subduzione

Vulcani interni alle placche

Attualmente, ma soprattutto nel passato, notevoli quantità di magma vengono eruttate attraverso centri ubicati all’interno di placche litosferiche. L’ubicazione di questi centri non trova una immediata risposta in termini di tettonica delle placche e, nel corso degli anni sono stati proposti diversi modelli atti a spiegarne l’esistenza e caratteristiche. Quello che gode di maggior credito prevede l’esistenza di anomalie termiche stazionarie nel mantello superiore dette hot spots (“punti caldi”), che costituirebbero il luogo di ascesa di cosiddetti pennacchi di mantello – mantle plumes -  in una sorta di meccanismo convettivo, che portano verso la superficie materiale caldo profondo.

hot_spot

Non tutto il magmatismo intra-placca, però, può essere facilmente ricondotto ad una genesi di hot-spot, infatti alcune province vulcaniche continentali sono chiaramente connesse con tettonica di tipo estensionale e fenomeni di rifting, interpretati come inizio della separazione tra placche continentali che prelude alla formazione di una nuova struttura oceanica. In questi casi infatti il magmatismo costituirebbe una risposta passiva all’assottigliamento crostale causato da stress differenziale all’interno di una placca. Di conseguenza, con il procedere dei fenomeni estensionali nella crosta, è possibile che si verifichi una vera e propria separazione continentale con la formazione di un interposto bacino oceanico.

rifting

In definitiva, l’attività magmatica di tipo intra-placca può essere divisa come segue:

  • Attività intra-placca oceanica (isole oceaniche)
  • Attività intra-placca continentale (flood basalts e zone di rifting continentale)

Le isole oceaniche sono di gran lunga gli apparati vulcanici (dorsali escluse) più grandi presenti sulla Terra, innalzandosi anche per oltre 10.000 m dal fondo dell’oceano. Frequentemente esse si presentano come degli allineamenti di centri eruttivi di cui solo alcuni, ravvicinati tra loro, sono contemporaneamente attivi. Ne è un esempio il Mauna Loa e il Kilauea nella catena Hawaii-Imperatore. L’arcipelago Hawaiiano è infatti un allineamento di centri eruttivi generatosi per lo spostamento della zolla pacifica su un hot-spot.

arcipelago_Hawaii

Questa particolare geometria può essere spiegata immaginando una sorgente magmatica fissa, posta al di sotto di una placca litosferica in migrazione. In questo modo le eruzioni pressoché continue formerebbero un edificio vulcanico, che può arrivare ad emergere come isola vulcanica, fino a quando lo spostamento della placca non determina l’isolamento del condotto di questo edificio, che cessa la sua attività e migra lateralmente seguendo la placca cui è vincolato, mentre un nuovo edificio comincia a formarsi in corrispondenza dell’hot-spot. Quando un hot-spot si trova in prossimità di una dorsale medio-oceanica, si può generare una doppia catena di edifici, disposti simmetricamente rispetto alla dorsale e caratterizzati da età crescenti con la distanza della dorsale (dorsali asismiche).

Nunzia Cristiano

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