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Meteo Storia Italia: eventi meteo rimasti negli annali

Accadde Oggi, 9 Ottobre 1963: Il DISASTRO del VAJONT. Foto

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Disastro Vajont9 Ottobre 1963: 1.918 vittime. Il Disastro del Vajont: è' il bilancio, stimato, di una delle tragedie tra le più grandi che l'umanità potrà mai ricordare.

Il Disastro del Vajont occorso il 9 ottobre 1963 nel neo-bacino idroelettrico artificiale del Vajont, dovuto alla caduta di una colossale frana dal soprastante pendio montuoso nelle acque del sottostante e omonimo bacino lacustre alpino, alla conseguente tracimazione dell'acqua contenuta nell'invaso con effetto di dilavamento delle sponde del lago, al superamento dell'omonima diga da parte del fronte d'acqua generato fino all'inondazione e distruzione degli abitati del fondovalle veneto, tra cui la tristemente celebre Longarone.

Il 4 novembre 1960 ci fu un segnale d'allarme presagio della catastrofe: circa 750.000 m³ di terra e roccia (la cui parte prospiciente la forra si era già mossa accasciandosi qualche decina di metri più in basso fin dalla primavera di quell'anno) franarono nel bacino, che si trovava con l'acqua a quota 650m slm.

Dal 1961 al 1963 furono praticati numerosi invasi e svasi per limitare il più possibile le possibilità di smottamento del terreno circostante la diga: il 4 settembre 1963 si arrivò a quota 710 m. Gli abitanti della zona denunciarono movimenti del terreno e scosse telluriche, inoltre venivano chiaramente uditi boati provenienti dalla montagna.

Alla fine dell'estate del 1963, poiché i sensori rilevarono movimenti preoccupanti della montagna, venne deciso di diminuire gradualmente l'altezza dell'invaso, sia per cercare di evitare il distacco di una frana, sia per evitare che una possibile frana potesse provocare un'onda che scavalcasse la diga. Ma alle 22,39 del 9 ottobre 1963 si staccò dalla costa del Monte Toc (che in friulano significa "marcio") una frana lunga 2 km di oltre 270 milioni di metri cubi di rocce e terra. In circa 20 secondi la frana arrivò a valle, generando una scossa sismica e riempiendo il bacino artificiale.

Disastro Vajont3L'impatto con l'acqua generò tre onde: una si diresse verso l'alto, lambì le abitazioni di Casso e ricadendo sulla frana andò a scavare il bacino del laghetto di Massalezza; un'altra si diresse verso le sponde del lago e attraverso un'azione di dilavamento delle stesse distrusse alcune località in Comune di Erto-Casso e la terza (di circa 50 milioni di metri cubi di acqua), scavalcò il ciglio della diga, che rimase intatta, ad eccezione del coronamento percorso dalla strada di circonvallazione che conduceva al versante sinistro del Vajont, e precipitò nella stretta valle sottostante. I circa 25 milioni di metri cubi d'acqua che riuscirono a scavalcare l'opera raggiunsero il greto sassoso della valle del Piave e asportarono consistenti detriti che si riversarono sul settore meridionale di Longarone causando la quasi completa distruzione della cittadina (si salvarono il municipio e le case poste a nord di questo edificio) e di altri nuclei limitrofi e la morte, nel complesso, di circa 2000 persone (i dati ufficiali parlano di 1918 vittime, ma non è possibile determinarne con certezza il numero).

È stato stimato che l'onda d'urto dovuta allo spostamento d'aria fosse di intensità eguale, se non addirittura superiore, a quella generata dalla bomba atomica sganciata su Hiroshima. Vi sono testimonianze di superstiti scagliati a diverse centinaia di metri di distanza prima ancora che la massa d'acqua piombasse al suolo, alla velocità di quasi 100 km/h.

Alle ore 5:30 della mattina del 10 ottobre 1963 i primi militari dell'Esercito Italiano arrivarono sul luogo per portare soccorso e recuperare i morti. Tra questi vi erano soprattutto Alpini, alcuni dei quali appartenenti all'arma del Genio che scavarono anche a mano per riuscire a trovare i corpi dei dispersi. Questi trovarono anche alcune casseforti, non più apribili con le normali chiavi, in quanto molto danneggiate. Dei circa 2000 morti, sono stati recuperati solo 1500 cadaveri, la metà dei quali non è stato possibile riconoscere.

Fonte: Wikipedia

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Angelo Ruggieri mpi end{jacomment on}

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