Lista delle singoleTeleconnessioni o Indici Climatici
Didattica sulla MJO, parte 1. Informazioni generali
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- Categoria: Lista delle singoleTeleconnessioni o Indici Climatici
- Pubblicato 16 Maggio 2012
- Scritto da Vincenzo Ficco
Suddividerò in 3 editoriali didattici un importante indice quale la MJO, a mio avviso preso poco in considerazione nelle analisi medio e lungo termine. Tratterò la MJO prima in maniera generale, nel secondo editoriale parleremo nello specifico delle zone che riguardano le 8 fasi e infine nel terzo editoriale scenderò nel dettaglio su come l'indice possa influenzare il clima in Europa favorendo più o meno determinate figure bariche.
Fino a circa 25 anni fa si pensava che le oscillazioni climatiche di periodo inferiore all’anno nelle zone tropicali fossero essenzialmente casuali. Questo perché non sono presenti in questa zona fenomeni dominanti per lo sviluppo di sistemi meteorologici quali ad esempio le onde di Rossby o l’instabilità baroclina; l’assenza di questi fenomeni impediva anche previsioni meteo accurate.
Nel 1971 però, Roland Madden e Paul Julian, studiando le anomalie dei venti tropicali (trade winds soprattutto) scoprirono che queste seguivano un oscillazione con periodo di 40-50 giorni. L’analisi di dati di pressione relativi ai 50 anni precedenti per Canton (Cina) e dei venti in quota per Singapore, rivelarono che queste anomalie erano ben evidenti e cicliche. Per qualche anno non si diede molto peso a questa scoperta, finché non le venne correlata la formazione del Niño, e quindi gli studi sulla MJO crebbero notevolmente.
Da quel momento si vide come la MJO risulti essere la maggiore causa di variazioni meteorologiche e climatiche per i tropici, intervenendo su tutta la troposfera tropicale (soprattutto sull’Oceano Indiano e sul Pacifico ovest) e causando variazioni sulla temperatura della superficie del mare, sui venti, la nuvolosità e la pioggia. Essendo le piogge tropicali fenomeni associati soprattutto a forti convezioni e quindi a nubi molto alte, che emettono poca radiazione infrarossa perché molto fredde, la MJO si nota facilmente dai tele-rilevamenti da satellite osservando la variazione di suddetta radiazione.
Quindi è facile capire come questa oscillazione influenzi anche la circolazione globale, nonché l’intensità e la data di arrivo dei monsoni asiatici ed australiani. Di recente sono state trovate anche correlazioni tra la MJO e pattern di piovosità e correnti a getto nelle medie latitudini. In genere la fase attiva della MJO inizia sopra l'Oceano Indiano equatoriale e si muove lentamente verso est a 3-6 m / s verso il Pacifico equatoriale centrale e occidentale. La fase attiva è seguita da un'attività convettiva elevata. Ogni fase si ripete per circa 5 giorni completando l'intero ciclo dai 40-60 giorni a seconda dell'intensità convettiva.
In definitiva possiamo affermare che la MJO indica la propagazione verso Est di aree caratterizzate da alta convezione( fasi temporalesche tropicali) vicino alle quali sono presenti aree dove prevale forte compressione. Questa “onda” si sposta verso est intorno ai 6m/s ed attraversa Oceano Indiano e Pacifico in 40-60 giorni (solo saltuariamente si riscontra nell’Atlantico). I punti dove compressione/convezione insistono si definiscono “fasi”. Le fasi della MJO sono in totale 8 ed influenzano sia la circolazione tropicale che quella temperata. Entreremo nel dettaglio delle varie fasi nel prossimo editoriale.
Lo spostamento della zona di compressione/convenzione lungo il Pacifico, avviene sopra lo strato caldo delle acque con temperatura superficiale sopra i +28°C. Lo spostamento di tali masse fredde verso quelle calde genera l'attivazione dei venti sia a livello troposferico sia a livello stratosferico. In base alla loro intensità che è direttamente correlata alla temperatura della superficie marina e quindi alla risposta convettiva, vengono generate onde di Rosby (onde planetarie o wave) , ovvero spostamento di masse d'aria calda dalle latitudini equatoriali verso le zone temperate o polari.
Entrando maggiormente nel dettaglio, possiamo affermare che nella zona di convezione inibita (suppressed convection o SC) troviamo naturalmente cieli senza nubi, che insieme ad una forte inversione dei venti tropicali (trade winds) permettono alla radiazione SW di riscaldare leggermente la superficie del mare man mano che l’onda di MJO procede verso est. Venti tropicali più intensi della norma aumentano l’evaporazione per interazione con la superficie dell’oceano; tutto questo continua a muoversi verso est fino a mitigarsi sul bordo ovest della seconda zona di convezione inibita , portando quindi ad una convergenza di umidità dei bassi strati. Si ha quindi una forte convezione nella zona compresa fra le due di SC con la creazione di enormi nubi cumuliformi (SCC) che si muovono verso est seguendo l’onda MJO; all’interno di queste nubi si formano poi ammassi più piccoli che si muovono verso ovest, dal bordo est al bordo ovest delle SCC, siccome hanno vita media di 1-2 giorni e le SCC si spostano verso est a 5-10 metri al secondo, il risultato è quello di sistemi convettivi a mesoscala che si spostano verso est ed hanno la durata di 6-12 ore.
Le onde di Kelvin e onde di Rossby intrappolate all’equatore, che spiegherebbero la formazione del Niño, sono anche il principale meccanismo di formazione per la MJO; queste onde compaiono nell’intera troposfera compresa fra 30° N e 30° S e soprattutto nell’emisfero est. L’aria in superficie scorre via dalle zone a convezione inibita, in entrambe le direzioni zonali, verso le regioni a convezione forzata. In alta troposfera venti diretti verso est sfuggono dal lato ovest della zona a convezione forzata. I forti venti diretti verso ovest provenienti dal lato est della zona forzata entrano in quella inibita; nel momento in cui la convezione inibita è intensa nella zona che va dall’oceano indiano a metà del Pacifico si sviluppano anomali cicloni a 200 hPa che seguono la zona di convezione inibita.
Alla stessa maniera, Anticicloni, sempre a 200 hPa, seguono la zona forzata appena questa ultima diventa prominente nei due oceani. Cicloni in senso opposto a quelli a 200 hPa sono prodotti alla superficie, ma sono molto più deboli dei “progenitori” in tropopausa. Questi sono importanti processi tramite i quali la MJO scambia masse d'aria intorno ai tropici.
Questa trattazione è comunque semplificata, in quanto idealizza l’oscillazione e non tiene conto delle altre variazioni che si sommano alla MJO. Come detto prima, velocità e intensità del fenomeno sono variabili, e la MJO influenza principalmente le zone di pioggia in Indonesia e dintorni.
Non tutti gli elementi della MJO (convezione, venti zonali, convergenza di umidità, e anomalie della temperatura superficiale del mare) sono sempre visibili; è solo quando si estraggono dati da una serie di 30-60 giorni che questa oscillazione diventa visibile. Oscillazioni consecutive hanno (come ci si aspetta) ampiezza, periodo e lunghezza d’onda variabile e quindi diverse caratteristiche tra diverse MJO. La MJO presenta una classica forma mista di onda di Kelvin e Rossby nell’emisfero est, mentre in quello ovest prevale la struttura dell’onda di Kelvin. Quest’ultima si sposta a 5 m/s verso est e ad almeno 10 m/s verso ovest: l’oscillazione raggiunge i massimi valori in inverno nell’emisfero nord.
Anche se sommariamente trattata, la dinamica della MJO è interessante non solo per gli effetti che ha sul clima, ma anche perché apre un campo di studi sulla meteorologia tropicale che fino a pochi anni fa si pensava fosse dominata soprattutto dalle celle di Hadley e dai monsoni, mentre invece, il semplice fatto che la MJO inneschi processi che si propagano in tutta la fascia tropicale (come il famoso pendolo australe, cioè fenomeni violenti sulle coste est australiane seguite dopo qualche settimana dal Niño sulle coste opposte del Cile e viceversa, come una sorta di pendolo appunto), pone questo fenomeno tra i più rilevanti per gli studiosi delle scienze atmosferiche. In base a queste considerazioni è facile capire l'importanza di questo indice e le sue interazioni sulla circolazione delle masse d'aria a livello sia stratosferico che troposferico; gli effetti delle varie fasi sul comparto europeo le analizzeremo nei prossimi editoriali.
Di seguito la mappa con la localizzazione delle 8 fasi
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