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Vulcanologia

Tutto quello che c'è da sapere sui vulcani (parte 7): PREVENZIONE VULCANICA

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Analizziamo oggi quali sono i possibili segnali precursori di un'eruzione.

sismografoIl rischio vulcanico dipende principalmente dal luogo in cui esso si trova e dalla sua potenza. Certamente i più pericolosi, come già ribadito, sono quelli a carattere esplosivo, ma anche qui dipende dalla zona in cui esso si trova. Se si trova ad esempio in una zona disabitata il rischio di danni a popolazioni scende drasticamente; discorso diverso se si trova in un’area densamente popolata. Aggiungiamo anche che aumentando il tempo di quiescenza del vulcano(inattività) sarà maggiore il rischio di eruzioni seguenti piuttosto violente in quanto il vulcano ha accumulato maggiore energia.

Partiamo dal presupposto che evitare un’eruzione vulcanica è cosa impossibile e puramente utopica. Quello che si può fare è una forma di prevenzione e di previsione di un’eruzione vulcanica appena essa mostri i primi segnali di imminenza. Risulta quindi fondamentale attuare efficaci programmi di emergenza e di evacuazione delle popolazioni eventualmente a rischio.  I segnali precursori di un’eruzione sono legati alla risalita di magma verso le superficie terrestre che quindi può provocare leggeri terremoti, deformazione del suolo e cambiamento del livello d’acqua nei pozzi dovuto al formarsi di fenditure nel sottosuolo che permettono all’acqua di penetrare maggiormente in profondità.

Per misurare i tremori viene usato uno strumento piuttosto conosciuto, ossia il sismografo.

Un importante strumento di misura per i vulcani è stato progettato e realizzato nell’800 dallo studioso italiano Luigi Palmieri e acquistato dai Giapponesi utilizzandolo per circa 50 anni. Con una sfera appesa a un filo si capiva la direzione di un terremoto e questo filo cominciava a oscillare spingendo gradualmente alcuni cilindretti di cristallo che rimanevano spostati indicando la direzione del terremoto. Un’ altra molla aveva a una sua estremità una specie di tubo(calamita) che andando su e giù per via del terremoto cominciava a raccogliere della limatura di ferro sul fondo e tendeva a divenire più pesante ogni volta. Questo spingeva un martelletto che era collegato a una lancetta che indicava l’intensità di questa onda sismica.

Un altro sistema vedeva una molla con infine una punta che andando su e giù per via del terremoto toccava il fondo e chiudeva un circuito elettrico. Tutto questo si traduceva con un impulso elettrico che aveva lo scopo di fermare un orologio che segnava l’ora esatta della scossa e metteva in moto un’apparecchiatura che faceva scorrere una strisciolina di carta sulla quale andavano su e giù delle matitine di colore diverso. Una serviva per segnalare l’ampiezza delle onde orizzontali del terremoto, l’altra invece le componenti verticali ossia le onde oscillatorie e quelle sussultorie.

sismografo

Erano sistemi molto ingegnosi ma un po’ complessi tuttavia eravamo agli albori dello studio e tecnologia per comprendere i terremoti.

Oggi i sismografi si presentano certamente più precisi e sofisticati costituiti da complessi circuiti elettrici.  Le stazioni sismiche si sono moltiplicate nel corso degli anni arrivando ad avere un grado di sensibilità altissimo e formate dall’insieme di più sensori dai quali vengono eliminati tutti i segnali di interferenza tramite dei filtri. Sono inoltre dotati di amplificazione del segnale e si possono presentare sottoforma analogica o digitale.

PARTE 8: I VULCANI IN ITALIA

Luca De Feo mpi end

 

 

 

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