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Caccia ai detriti spaziali, ecco il telescopio ad "occhio di mosca"
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- Pubblicato 26 Settembre 2014
- Scritto da Emanuele
Nel 1957 fu lanciato lo Sputnik, di li in poi si sono succedute migliaia di missioni spaziali con più di 4.000 satelliti che sono stati messi in orbita. Essi hanno prodotto il rilascio nello spazio di migliaia e migliaia di detriti le cui dimensioni variano da quelle minuscole simili ad una formica alla grandezza di un autobus.
Alcuni di questi detriti sono diventati famosi, come la fotocamera di Michael Collins andata persa durante la missione spaziale Gemini 10. Si tratta di satelliti dismessi o esplosi, di resti di motori o di serbatoi, di una moltitudine di oggetti che in comune hanno un fattore non trascurabile che è quello della pericolosità.
Tutti questi detriti, viaggiano attorno alla Terra con una velocità fino a 20 volte superiore a quella di un proiettile da fucile, così che anche frammenti con delle dimensioni dell'ordine del centimetro possono avere degli effetti devastanti in caso di impatto con satelliti operativi, e in particolare con la Stazione Spaziale Internazionale.
La forza di gravità, tende a portare tutti questi oggetti verso orbite più basse, dove nella grande maggioranza dei casi bruciano per attrito. La permanenza in orbita è però tanto maggiore quanto più elevata è l'altezza di partenza, così se i detriti prodotti a meno di 600 Km rientrano a terra nell'arco di pochi anni, quelli rilasciati oltre i 1.000Km possono rimanere in orbita anche per secoli.
Come si può risolvere questo problema della spazzatura spaziale?
La NASA e l'ESA stanno investendo grandi risorse in programmi dedicati. L'ESA ad esempio ha avviato da pochi anni un programma dedicato alla sicurezza spaziale o SSA ( Space Situational Awareness ), con l'obiettivo di creare una rete di monitoraggio basata su sensori ottici e radar.
Con le tecnologie di oggi è impossibile poter pensare di ripulire lo spazio dai detriti, non resta pertanto che cercare di scoprirne il più possibile determinarli con precisione e mantenerli sotto stretta sorveglianza, per consentire dei lanci futuri di satelliti che non siano a rischio di collisioni.
Ma come si può ottenere tutto questo?
Un Team italiano di scienziati internazionali , dell'Università di Pisa, dell'Istituto di Fisica Applicata del CNR, di SpacesDyS, spin-off dell'Ateneo Pisano, coordinato da Compagnia Generale per lo Spazio SpA ( CGS, ex Carlo Gavazzi Space ), azienda leader nel settore delle tecnologie spaziali, ha trovato la soluzione, ideando un rivoluzionario telescopio a grandissimo campo che riproduce l'architettura dell'occhio dell mosca.
Pensate che questa idea ha portato il team coordinato da CGS al progetto di una nuova generazione di telescopi, definiti Fly-Eye Telescope (Telescopio Occhio di Mosca), capace di osservare grandissime porzioni di cielo, fino a 45° quadrati, un campo di cielo equivalente a quello sotteso da oltre 50 lune piene e con una risoluzione migliore di 1/3600 di grado.
In questo modo si potranno così fotografare rapidamente, prima della notte e e prima dell'alba, ampie porzioni di cielo .
La sinergia di queste nuove tecniche, consentirà di ottenere un efficienza di catalogazione di detriti spaziali, molto più elevata di quella offerta da qualsiasi sistema oggi esistente.
Emanuele Valeri
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