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L'angolo del direttore

Moti retrogradi: Irruzione fredda artico-continentale con traiettoria settentrionale

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I moti retrogradi meteorologici e il principale tipo di irruzione fredda invernale ad essi collegata.

motoretrogrado traiettoria settentrionale3Partiamo innanzitutto dal concetto di "moto retrogrado".

In meteorologia il moto retrogrado o retrogressione, indica come anche in astronomia, un movimento inverso (opposto) alla norma circolatoria.

La normale circolazione atmosferica nell'Emisfero Settentrionale, avviene da ovest verso est e proprio perchè tipica di questa "zona" del globo terrestre, viene detta "zonale".

Quando una massa d'aria e i fenomeni atmosferici all'interno di essa, si muovono nel verso opposto al "moto zonale", viene detta muoversi con "moto retrogrado", ovvero che retrocede, torna indietro.

Essa si muoverà perciò, non più da ovest verso est, bensì da est verso ovest.

Pur essendo atmosfericamente possibili in tutte le stagioni dell'anno, i moti retrogradi sono più frequenti durante la stagione invernale, quando sono caratterizzati dal trasporto di masse d'aria gelida a componente artica, che apportano freddo intenso e copiose nevicate sulle zone attraversate.

Proprio a causa di queste caratteristiche estreme essi vengono classificati in meteorologia come "irruzioni fredde".

Veniamo ora ad analizzare il tipo di irruzione fredda da moto retrogrado più frequente sul territorio europeo durante la stagione invernale.

Irruzione fredda di tipo “artico-continentale” con traiettoria settentrionale

In generale, questo tipo di irruzione fredda a componente di aria artico-continentale, quando percorre una traiettoria molto settentrionale, nella fase finale del suo percorso scarica il grosso del flusso freddo principale in Atlantico, intaccando la tenuta della parte mediana dell’anticiclone atlantico di blocco e deviando il suo moto decisamente verso sud.

In questo modo, richiama aria mite dall'entroterra africano sul versante occidentale della nostra Penisola, rivelandosi perciò poco congeniale al propagarsi del gelo e della neve su tutte le regioni italiane, ma solo su parte di esse.

A questa ultima considerazione dedicheremo un prossimo articolo specifico, ma intanto approntiamoci ad analizzare la tipologia di irruzione fredda presa in esame, avendo cura di gettare sempre un occhio alla mappa illustrativa per seguire le spiegazioni.

motoretrogrado traiettoria settentrionale3

In partenza, dai territori siberiani, l'aria fredda muove in senso "retrogrado" (da est verso ovest) verso la Russia europea, con destinazione finale sull'Europa occidentale.

La strada scelta in questo caso è quella più settentrionale.

L'aria fredda valica gli Urali, passando a nord della catena montuosa e si riversa sulla Russia europea.

Di qui, con traiettoria nordest-sudovest, le masse d'aria in movimento prediligono i territori pianeggianti o con barriere orografiche minori, che costituiscono un ostacolo minore alla loro propagazione.

Rispetto al corpo centrale (ramo principale) della discesa fredda, si vengono a creare varie diramazioni meno potenti che deviano dal flusso centrale, alcune dirette verso nord, altre verso sud.

Una di quelle indirizzate a nord invade i territori della Scandinavia.

Le Alpi Scandinave (vedi cartina), fungono da ostacolo all'avanzamento dell'aria e la riconducono a traiettorie più meridionali, ma sempre molto settentrionali, in ambito europeo, a sorvolare la Danimarca per dirigersi verso la Gran Bretagna meridionale.

Analizziamo ora cosa accade invece a sud del ramo principale di avanzamento della traiettoria settentrionale, a quelle che potremmo definire derivanti secondarie.

Nonostante l'apparente libertà di propagazione dell'aria fredda, dovuta ai territori prevalentemente pianeggianti, va tenuto conto della perdita di potenza e di componente fredda man mano che le derivanti secondarie si allontanano dal flusso freddo principale.

Il primo ostacolo che uno di questi flussi incontra dirigendosi verso sud è costituito dalla catena montuosa del Caucaso, che ne impedisce la propagazione verso sud vista l'altezza dei massicci che la compongono (oltre 5000 metri di altezza). 

Non ha problemi invece nel suo progredire, il ramo freddo secondario che transita sulle pianure ucraine, per poi attraversare il Mar Nero e apportare i suoi effetti freddi, anche se affievoliti dalla superficie marina, sulla Penisola Anatolica (Turchia).

Ulteriore derivante fredda secondaria, è quella che facendo il suo ingresso nelle pianure ad est dei Balcani, è soggetta a formare un cuscinetto statico di aria molto fredda, vista la mancanza di sbocco verso ovest.

Come la precedente, anche la quarta derivante va ad isolarsi in una sorta di catino naturale e perde progressivamente l’iniziale spinta propulsiva gelida.

Osserviamo infatti nell’illustrazione, come incontrando l'ostacolo rappresentato dalla catena dei Monti Carpazi (monti aventi cime non elevatissime), l'aria fredda tenda a transitare attraverso un varco poco elevato posto a nordovest dei Carpazi stessi e ad est delle Alpi, finendo per invadere la Pianura Danubiana e ristagnare al suolo, anche in questo caso formando un cuscinetto statico di aria molto fredda.

Di qui poi, proseguendo ulteriormente verso ovest e perdendo progressivamente vigore invasivo, l'ultimo stop all'ulteriore progressione occidentale è costituito dalla presenza delle Alpi Dinariche, poste lungo le coste orientali del Mar Adriatico.

L'ultimissimo sbocco verso ovest è quindi rappresentato dal passaggio attraverso la Porta della Bora, che immette direttamente nell’Adriatico e sulla Pianura Padana.

E' interessante a questo punto, osservare dalla mappa illustrativa, quale sia la distanza dalla fonte iniziale del gelo siberiano e quali e quanti ostacoli l'irruzione fredda incontri nel suo cammino verso la  destinazione finale del moto retrogrado.

Ora spostiamoci di nuovo vero nord ed osserviamo come invece, il ramo principale dell'irruzione fredda (traiettoria settentrionale), non trovi particolari ostacoli alla sua propagazione, nell'attraversare le modeste Alpi Tedesche, le pianure germaniche e quelle del Benelux.

Di qui, approdata in territorio francese, l'avanzata prosegue su terre pianeggianti, fino ad incontrare un ostacolo facilmente aggirabile ad ovest, rappresentato dalla catena dei Monti Pirenei.

Siamo giunti al momento dell'impatto vero e proprio delle correnti fredde sulla barriera costituita dal bordo orientale dell'anticiclone di blocco.

Il flusso d'aria fredda a questo punto compie una deviazione obbligata verso sud e incuneandosi in territorio africano, richiama per forzatura dinamica lungo la linea di convergenza tra masse d'aria a differente componente termico-barica, aria calda verso il bacino del Mediterraneo.

Il flusso mite generato in questo frangente, procede con moto zonale da ovest verso est (per meglio dire da sudovest verso nordest), andando a interessare, sotto forma di campana altopressoria di origine africana, le regioni occidentali del nostro Paese.

Tale situazione, contribuisce ancora di più a frenare la propagazione verso ovest dell'aria fredda presente sull'Adriatico, che nel suo approccio al nostro territorio è già fortemente ostacolata dalla presenza della dorsale appenninica.

Chiarissimo capire quindi, per quanto detto sinora, come il nostro Paese risulti ripartito in tre distinte aree:

Quella orientale e quella padana interessate dagli effetti dell'irruzione fredda di tipo artico-continentale, mentre il settore occidentale, sotto copertura orografica, interessato da clima mite tipicamente mediterraneo.

Ma di questo parleremo in un prossimo specifico articolo.

Luciano Serangeli mpi end

Luciano Serangeli

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